La Cina sta diventando uno dei principali consumatori di vino al mondo. Secondo l’ultimo rapporto dell'istituto International Wine and Spirit Research (IWRS), nel 2016 il Dragone consumerà 3 miliardi di bottiglie di vino annue e diventerà tra qualche anno il primo importatore.
Il consumo annuale pro capite di vino nel paese è ancora molto basso (nel 2015 il consumo pro capite cinese di vino salirà a 1,9-2 litri), se paragonato a quello di altri Paesi, ma le prospettive di mercato sono eccellenti.
Nelle città di prima fascia sta crescendo il numero di negozi specializzati (wine shop), in cui si organizzano anche corsi e degustazioni. I cinesi si mostrano sempre più interessati ad approfondire la conoscenza del vino, ma la qualità non è però ancora percepita e i gusti non si sono ancora raffinati. Le nuove classi emergenti preferiscono scegliere i più rinomati classici vini francesi (vero e proprio status symbol).
Il vino rosso è il vino più consumato (80% del mercato) e ricercato e viene considerato una valida alternativa ai superalcolici e una scelta più sofisticata rispetto alla birra.
Non a caso negli ultimi 7 anni in Cina l’assunzione di vino rosso è quasi triplicata e il Paese è diventato, secondo uno studio presentato a Vinexpo, il primo consumatore mondiale di vino rosso. Con più di 155 milioni di casse di vino rosso, nel 2013, Cina e Hong Kong hanno superato la Francia (150 milioni di casse di vino), l'Italia (141), gli Stati Uniti (134) e la Germania (112).
I vini italiani più apprezzati e diffusi al momento sono quelli piemontesi e toscani (Barbaresco, Barolo, Chianti, Brunello di Montalcino).
La Cina sta anche scoprendo le bollicine. Secondo Confagricoltura, tra gennaio e agosto 2013 le esportazioni di bollicine italiane sono cresciute dell'80 per cento rispetto al 2012, con un aumento del fatturato superiore al 120 per cento (anche se i valori restano modesti). Un'accelerazione che mette in difficoltà persino i rivali francesi, attualmente padroni del mercato cinese d'importazione con una quota superiore al 50%.
L'Italia, nonostante contenda alla Francia il primato di maggior produttore mondiale di vino, è molto in ritardo nel presidio del mercato cinese (nel quale sono meglio posizionate anche Australia, Cile e Spagna).
Il nostro punto di forza, rispetto ai francesi, è il rapporto qualità / prezzo e l'unicità dei nostri vini (ma i francesi hanno saputo fare sistema e costruire un’immagine di eccellenza nel corso degli anni). La sfida per la conquista del mercato cinese si gioca quindi su due fronti: il marketing e la capacità di fare rete.
Buona parte dei vini importati in Cina sono destinati al canale HoReCa (hotel, ristoranti, caffetterie, catering), mentre la parte per la grande distribuzione è ancora modesta.
Oltre all’etichetta originale del paese di esportazione, per commercializzare vino in Cina è necessaria un’etichetta posteriore aggiuntiva in caratteri cinesi, normalmente predisposta dall’importatore.
Le indicazioni che devono essere incluse nell’etichetta includono:
È preferibile predisporre l’etichetta posteriore secondo un modello reso disponibile dalle autorità doganali cinesi.
Non è più prevista la procedura di approvazione dell’etichetta da parte della Chinese Inspection and Quarantine Bureau (CIQ), che tuttavia procede ancora ad effettuare l’ispezione di qualità del prodotto, che viene fatta contestualmente allo sdoganamento. Le merci saranno rilasciate dalla Dogana in seguito all’emissione del certificato di autorizzazione da parte del CIQ.
I controlli effettuati dal CIQ includono:
Per la spedizione, si consiglia l'utilizzo di imballaggi in legno sani e trattati in conformità allo standard ISPM15; in mancanza, occorre allegare un certificato fitosanitario.
Una novità recente per esportare in Cina consiste nell’obbligo di registrazione dell’esportatore di prodotti agroalimentari presso l’AQSIQ, l’autorità cinese per la qualità.
Il certificato sanitario o di analisi spesso si equivalgono, per le autorità cinesi, per cui il vino può essere accompagnato da un certificato di analisi, anziché da un certificato sanitario rilasciato da un laboratorio accreditato che attesti che nel Paese di origine sono state fatte analisi microbiologiche e fisico-chimiche. Le autorità cinesi accettano i certificati rilasciati da un laboratorio accreditato nel Paese d'origine della merce. Le informazioni richieste in cinese o in inglese e devono avere il seguente contenuto minimo:
Si segnala che nel certificato di analisi occorre evidenziare l’eventuale presenza e contenuto di ftalati, in quanto la Cina ha stabilito limiti rigorosi.